1 LE IDEE IN
MOVIMENTO: SCENARI DEL CAMBIAMENTO
NEL SISTEMA EDUCATIVO LOCALE
Faenza e il suo comprensorio si stanno affermando come
centri di rinnovate connessioni urbanistiche e nodi di servizi alle
persone e alle imprese. Tale centralità, che va rafforzata
e consolidata, caratterizza anche il sistema formativo,
sia per le peculiarità storiche dei saperi e delle vocazioni
produttive, sia per la necessità di valorizzare le risorse
umane e sostenere i processi di innovazione del sistema produttivo.
Le tradizioni culturali del territorio, il ricco tessuto associativo,
gli elevati livelli di partecipazione sono oggi messi alla prova
dalle nuove sfide della società che cambia.
Le trasformazioni socio-demografiche in atto - quali l’innalzamento
dell’età media della popolazione, la bassa natalità
e la progressiva crescita dell’immigrazione - producono effetti
sull’occupazione, sull’imprenditorialità e, in
generale, sulle dinamiche sociali. Si generano, in particolare,
problemi di ricambio generazionale nelle imprese, un debole accesso
di leve giovanili nei settori innovativi del sistema produttivo,
accompagnati da un deficit dell’offerta di lavoro per i profili
occupazionali bassi.
E importante capire come si evolveranno le tendenze attuali, per
poter attrezzare il sistema formativo locale in modo che riesca
a fronteggiare nuove domande:
a) dal punto di vista dell’integrazione sociale
e territoriale:
- la socializzazione linguistica e culturale delle persone provenienti
da realtà e
culture “altre”;
- Il riassetto funzionale di unità scolastiche nel territorio;
b) dal punto di vista del passaggio dall’obbligo scolastico
al mondo lavorativo:
- la riduzione della dispersione scolastica;
- l’introduzione di percorsi di accompagnamento dei giovani
all’acquisizione di competenze di elevato profilo, sia per
facilitare iniziative di costruzione d’impresa, sia per incrementare
le opportunità di accesso all’istruzione universitaria
e tecnico-superiore;
c) dal punto di vista della pertinenza e qualità dei percorsi
formativi:
- la costruzione di profili professionali corrispondenti ai fabbisogni
del sistema economico locale;
- la valorizzazione delle sedi della ricerca scientifica e tecnologica
e delle istituzioni culturali.
Non è in gioco solo una visione utilitaristica
della Formazione. Il sapere e la cultura costituiscono un diritto
e un bisogno della popolazione del nostro territorio: essi sono
visti come valori in sé, come strumenti per assicurare la
qualità della vita delle persone e il progresso della società.
Occorre promuovere la formazione civica degli allievi, progettando
e curando il clima delle scuole e delle classi, poiché esso
contribuisce alla costruzione dei concetti di democrazia,
giustizia, coesione sociale e tutela delle persone in difficoltà.
Inoltre il clima determina il “ben-essere” della vita
scolastica di studenti, insegnanti, altri operatori e in ultima
istanza anche delle famiglie.
E’ necessario riflettere sull’adeguata presenza nelle
scuole dei “saperi sociali”: quei saperi, universali
e locali, che assicurano lo sviluppo della comunità. Le “grandi
tematiche civili” (diritti, sviluppo, integrazione), sviluppate
all’interno di reti sociali, possono arricchire di significato
i curricoli, unitamente alle conoscenze di tipo informatico, all’utilizzo
intelligente delle reti virtuali e alla padronanza delle lingue.
Il paradigma del cambiamento è la tecnologia,
il cui ruolo risulta fondamentale anche nell’ambito della
formazione professionale. Quest’ultima deve
fornire ai giovani due nuove dimensioni:
la pro-attività la capacità di estendere
autonomamente le competenze acquisite);
la creatività (la capacità di connettere
le competenze settoriali, producendo nuove idee).
Compito fondamentale della scuola, da quella dell’infanzia
alla scuola secondaria superiore, e garantire al giovane lo sviluppo
di tutte le potenzialità e la capacità di orientarsi
criticamente nel mondo. A questo fine costituiscono fattori cruciali
l’apprendimento cooperativo e il metodo della ricerca.
Spesso la scuola rischia di fornire risposte frammentarie
ai bisogni dei suoi diversi interlocutori, anche a causa dei confini
e delle barriere che la separano dall’ambiente esterno. Per
superare questi limiti, occorre ispirarsi al concetto di ecosistema
formativo. Esso va inteso come sistema autoregolato, in
cui i diversi attori sociali (organizzazioni, enti, istituzioni,
imprese, ecc.) assumono “responsabilità reciproche”
circa le politiche da sviluppare e le conseguenti azioni di implementazione.
Concepirsi attori in un sistema spinge consapevolmente le parti
all’interazione, favorendo la capacità
di rispondere alle esigenze del territorio, nonché l’elaborazione
e diffusione di buone pratiche (best practices).
L’ecosistema formativo favorisce il collegamento in
rete delle organizzazioni: si tratta di una rete sociale,
intenzionalmente costituita attraverso la concertazione e il dialogo,
resa possibile dalle risorse e dagli strumenti di coordinamento
assicurati dalle istituzioni locali. La rete sociale stimola dunque
la collaborazione (eliminando ridondanze operative) e il coordinamento
delle proposte formative, prevenendo conflitti di competenza anche
grazie all’identificazione di standard condivisi.
Autonomia, quindi, non significa “agire
per proprio conto” o “isolarsi dal contesto ambientale”:
ma, piuttosto, partecipare alla costruzione di un “sistema
formativo integrato”, nel quale la scuola non esaurisce tutte
le opportunità educative e, pertanto, si allea con i diversi
soggetti del territorio (genitori, associazioni, enti locali, terzo
settore, ecc.).
In questa logica si realizza la progettazione partecipata
del curricolo, che va inteso come:
a) offerta formativa progettata dell’insieme degli insegnamenti
e delle attività;
b) organizzazione formativa delle discipline e dell’insegnamento;
c) Percorso formativo coerente, dai 3 ai 18 anni di età,
nella prospettiva del “long life learning”.
Tale progettazione partecipata si completa con
l’affermazione dell’etica del “render conto”,
cioè con la documentazione dei processi, la regolazione dello
sviluppo (anche attraverso l’incentivazione della ricerca)
e, quindi, con la costruzione di un “sistema” (etero-
e auto-) valutativo. Quest’ultimo deve essere visto come strumento
di monitoraggio dell’ecosistema formativo,
delle sue parti, delle sue connessioni, dei risultati ottenuti e
dei comportamenti dei suoi attori, in vista del miglioramento continuo.
Una delle risorse cruciali per la qualità dell’istruzione
è la professionalità dei docenti
e di tutti gli operatori scolastici.
Questi si trovano a fronteggiare nuove sfide, quali:
- la crescente importanza di una mediazione culturale;
- l’emergere di nuove responsabilità, funzioni, compiti;
- la necessità di conciliare l’autonomia culturale
e professionale dei singoli con la collegialità e la cooperazione.
Ciò richiede il perseguimento di un alto livello
di competenze per le diverse funzioni professionali, non solo docenti.
Per questo è necessario mettere in campo nuovi metodi e strumenti,
quali il continuo sviluppo professionale; l’introduzione di
forme di documentazione e verifica e valutazione dei percorsi formativi;
la sperimentazione di modelli di certificazione delle competenze;
la messa a disposizione di servizi e risorse professionali per gli
operatori della scuola.
2 LA REALTÀ
FORMATIVA DEL COMPRENSORIO FAENTINO:
LE DIMENSIONI DEL CONTESTO LOCALE, LE TRASFORMAZIONI IN ATTO
Faenza e il comprensorio offrono numerosi esempi di
elevato sviluppo economico e sociale: nei settori agro industriale,
dei nuovi materiali e del design (compresa la ceramica artistica
e industriale), delle nuove tecnologie, dell’economia dei
servizi.
Tali opportunità vanno prese in considerazione, da parte
del sistema scolastico, anche in termini di ricaduta occupazionale
indotta. Finora le relazioni tra scuola e imprese sono state condotte
singolarmente, senza un’ottica di sistema: occorre interrogarsi
congiuntamente sulle professionalità da formare e sull’effettiva
adeguatezza di queste al mondo del lavoro.
A livello quantitativo, nel sistema formativo locale emergono alcuni
dati importanti: dal 1991 al 2001 sono cresciuti i laureati e i
diplomati, passando dal 27% al 36%.
E’ aumentato anche il tasso di passaggio dalla scuola media
alla scuola superiore: dal 78% del 1977 al 98% del 2001 (negli ultimi
cinque anni con oscillazioni che vanno dal 95% al 99%).
Nel caso della prosecuzione all’università, i dati
differiscono in modo significativo in base alla scuola di provenienza:
continua a studiare oltre il 90% dei diplomati ai licei classico
e scientifico, ma la percentuale si riduce molto per gli iscritti
ai licei linguistici (poco oltre il 40%), agli istituti tecnici
(attorno al 30%) e, infine, agli istituti professionali (tra il
4% e il 20%).
Nel 2002, gli studenti faentini diplomatisi nel 1999 si trovano
nella seguente condizione: il
40% sono studenti universitari; il 30% occupati instabili; il 25%
occupati stabili; il 2,5% in cerca di occupazione; l’1,5%
in formazione professionale.
Negli ultimi anni si registra una preoccupante diminuzione dei ragazzi
di terza media che hanno deciso sicuramente di proseguire gli studi
(solo il 77%).
La dispersione scolastica (respinti + ritirati) nei cinque anni
delle scuole superiori faentine è assestata attorno al 10%
(14% nella prima e seconda classe, rispetto al 17-18% della fine
degli anni Novanta).
Le scuole faentine sono frequentate da oltre 340 alunni
stranieri, provenienti da 54 diversi Paesi (principalmente dal Nord
Africa, ma anche dall’Est Europa).
Le scuole superiori più frequentate dagli stranieri sono
l’Istituto statale d’arte per la ceramica e l’Istituto
alberghiero.
3 I PROGETTI
STRATEGICI:
CONTRIBUTI PER LO SVILUPPO DEL SISTEMA EDUCATIVO LOCALE
Il sistema scolastico locale deve innestarsi nel contesto
evolutivo del sistema sociale e territoriale faentino, contribuendo
alla sua dinamicità e flessibilità in relazione ai
cambiamenti del sistema economico, alla costruzione di livelli di
eccellenza in più settori, al miglioramento della qualità
ambientale e dei servizi.
E perciò necessario pensare alla distribuzione dei servizi
e delle opportunità per i cittadini, scuole comprese, in
base alla suddivisione del territorio per circoscrizioni
(a Faenza). L’edilizia scolastica dovrà svilupparsi
favorendo la realizzazione degli Istituti comprensivi
e, quindi, la contiguità degli edifici che ospitano la scuola
dell’infanzia, elementare e media.
Faenza è sede di prestigiose istituzioni culturali
e istituti di ricerca e di alta formazione: il Museo internazionale
delle ceramiche, l’Istituto superiore per le industrie artistiche,
l’Istituto statale d’arte per la ceramica, il CNR, l’ENEA,
l’Agenzia polo ceramico, il Parco scientifico e tecnologico
Centuria-Rit, il Polo agricolo di Tebano con gli enti di ricerca
e servizi ad esso collegati, i corsi di laurea in Tecnologie ceramiche
e in Viticoltura ed enologia.
E’ necessario capire come trasformare in sistema
tale insieme di opportunità scientifiche e tecnologiche e
come connetterlo alla progettazione e alla pratica del “curricolo
locale”, insieme ai settori economici che caratterizzano l’economia
del territorio.
Occorre rinnovare la conoscenza delle caratteristiche del territorio,
delle risorse professionali e formative e della loro potenzialità
di influsso sul tessuto sociale e culturale faentino.
Va inoltre intensificata l’interazione tra centri di istruzione
e formazione e le strutture di ricerca e sviluppo.
Manca, attualmente, un’efficace integrazione tra mondo della
scuola e del lavoro.
Anche l’introduzione dell’obbligo formativo
fino ai 18 anni è un elemento fortemente innovativo, che
mette alla prova l’efficacia del sistema educativo regionale.
I due sottosistemi di quest’ultimo (istruzione e formazione)
sono al momento distinti, ma tra loro fortemente integrabili. Nell’espansione
del diritto alla formazione potranno essere inclusi i percorsi per
l’assolvimento dell’obbligo (anche in forma integrata
tra formazione professionale e istruzione) e i percorsi successivi
al conseguimento della qualifica. Istruzione e formazione possono
cooperare dando vita a un’offerta di alto profilo
per il territorio.
L’innovazione per l’eccellenza deve però
procedere di pari passo con l’integrazione
dei soggetti in difficoltà, che costituisce in prima istanza
un fatto di civiltà.
A questo proposito il Centro di documentazione e integrazione
dell ‘handicap e dello svantaggio, già operante
a Faenza dal 1997, è stato individuato dall’Accordo
di Programma quale Centro Risorse a valenza provinciale, per perseguire
la qualità dell’integrazione, la perequazione verso
l’alto degli standard dei servizi degli istituti e per documentare
e diffondere la conoscenza di “buone pratiche educative”.
Non si deve tuttavia passare, per mancanza di risorse, dall’integrazione
pro-attiva al puro assistenzialismo: occorre sviluppare il sistema
dell’integrazione anche con interventi formativi del personale
della scuola, per migliorare la capacità di fronteggiare
i molteplici “bisogni educativi speciali” delle classi,
con particolare riferimento a quelli espressi dagli studenti disabili
o in difficoltà.
Un significativo passo in avanti per la qualità
della scuola è stato fatto con l’Accordo di
Programma sottoscritto dall’Amministrazione Provinciale,
dall’Ufficio Scolastico Regionale, dai Comuni della Provincia
e dalle Istituzioni scolastiche statali e paritarie.
Tale accordo riguarda le politiche di sviluppo del sistema formativo
e definisce gli organismi per la loro gestione (Conferenza Unificata,
comitato esecutivo e gruppo tecnico di lavoro) e le strutture di
supporto (Osservatorio provinciale delle Politiche Scolastiche e
della Formazione e Centri Risorse) necessarie per realizzare gli
obiettivi dell’accordo stesso.
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