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IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO:
VERSO NUOVE REGOLE



ALLEGATO 2
INDIETRO

 

Per un federalismo solidale

Anche nel campo della pubblica istruzione si registra ormai una tendenza verso una maggiore responsabilità delle “periferie” (configurando una sorta di “federalismo” scolastico), ma restano problematici gli sbocchi di questo movimento: il federalismo competitivo, con le Regioni “forti” intenzionate ad erodere sempre maggiori poteri allo Stato centrale, potrebbe prevalere sul federalismo cooperativo e solidale, nell’ottica della collaborazione e della coesione tra i diversi territori.
La legge costituzionale n. 3 del 18-10-2001, che ha apportato importanti modifiche al Titolo V della Costituzione del 1948, implica ulteriori e profondi cambiamenti nel campo della gestione dell’”istruzione” e della “formazione”, fino a delineare un assetto istituzionale di stampo federale, cioè con potestà legislative attribuite alle Regioni. In materia di istruzione (sistema scolastico in senso “stretto”) le competenze sono “concorrenti”, mentre in materia di formazione professionale (ma anche di istruzione professionale, ed è una vera novità) le competenze sono "esclusive"
Siamo dunque in presenza di un quadro costituzionale assai “dinamico”. La Costituzione vigente dal 1948, che aveva prodotto solo negli anni 70 processi di decentramento regionalistico, ancora in parte da attuare a seguito della legge 59/97 e del decreto legislativo 112/98, è stata affiancata dalla nuova Costituzione del 2001 (i cui effetti sono in fase di studio) e già incombe il nuovo disegno federale della “devolution”.
È condiviso il principio che l’istruzione pubblica debba continuare ad avere una sua caratterizzazione unitaria e nazionale, perché i diritti fondamentali dei cittadini non si possono territorializzare, cioè farli discendere dall’abitare in una certa Regione piuttosto che in un’altra. L’istruzione pubblica (nel senso più ampio che si può attribuire a questa qualificazione) fonda il senso di appartenenza ad una comunità, costruisce identità e legami, consolida le radici, ma le deve proiettare in un contesto più ampio che guarda all’intero Paese e, semmai, alla “nuova e grande” Europa.
Una società democratica richiede la presenza e la effettiva disponibilità - tramite la “scuola aperta a tutti” di cui parla la Costituzione del 1948 - di un progetto culturale unitario, autorevole e pluralistico, in grado di garantire pan opportunità educative a tutti i cittadini. Lo sviluppo del “federalismo” si deve coniugare con il riconoscimento delle prerogative dei diversi soggetti: le scuole autonome, Le Regioni/gli Enti locali, lo Stato:
- alle scuole compete la responsabilità dell’iniziativa in materia di programmi educativi, di organizzazione e di didattica;
- alle Regioni e agli Enti locali tocca l’impegno “concorrente” per favorire lo sviluppo
della scuola (una “concorrenza” per la qualità, per migliorare — se possibile — gli
standard nazionali, trasformando i livelli essenziali delle prestazioni in livelli ottimali);
- allo Stato - infine - il compito di salvaguardare i livelli essenziali in materia di fruizione
dei diritti, le pari opportunità, i valori comuni.

 



Le nuove responsabilità locali

Il decentramento e l’autonomia sono stati pienamente valorizzati solo con la legislazione degli anni ‘90, ed il percorso per giungere al riconoscimento dell’autonomia funzionale alle istituzioni scolastiche è stato lungo e complesso. Un passaggio decisivo si è avuto con la legge 15 marzo 1997, n. 59 che ha disegnato nuovi rapporti tra le pubbliche amministrazioni e i cittadini, improntandole ai principi di responsabilità, sussidiarietà, efficienza ed efficacia, trasparenza.


In questo quadro si colloca il significato dell’autonomia scolastica, che implica il pieno riconoscimento di responsabilità ed iniziativa “locale” delle singole scuole, pur in un quadro fortemente unitario e garantito dalle istituzioni della Repubblica ed in particolare dal ruolo dello Stato.
Infatti, all’interno della legge 59/97 si coglie nettamente la scelta di non “regionalizzare” o
“provincializzare” la pubblica istruzione, perché lo spostamento dei “poteri” dell’amministrazione scolastica statale avviene verso le singole unità scolastiche piuttosto che verso gli enti locali (per essi è previsto semmai l’esercizio di funzioni “integrate”, di comune interesse tra scuola ed enti locali).

Resta allo Stato il compito di garantire “i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonché gli elementi comuni all’intero sistema scolastico pubblico”, che si esplica nelle competenze citate dall’ art. 137 del d. Lvo 112/1998 e cioè:
- i criteri e i parametri per l’organizzazione della rete scolastica, previo parere della Conferenza unificata;
- le funzioni di valutazione del sistema scolastico;
- le funzioni relative alla determinazione e all’assegnazione delle risorse finanziarie a carico dello Stato e del personale alle istituzioni scolastiche;
- le funzioni di cui all’art. 138, comma 3 [accademie, conservatori, ecc.].

Gli articoli 138 e 139 elencano, invece, le nuove competenze attribuite a Regioni ed Enti locali (Province e Comuni). Alcune materie (ad esempio, i finanziamenti alle scuole non statali) possono essere ricomprese nella logica del “decentramento” (ovvero, funzioni in precedenza dallo Stato che vengono trasferite alle Regioni), ma in generale si tratta di competenze in settori innovativi, precedentemente “curati" dall’Amministrazione statale.
E’ il caso della razionalizzazione della rete scolastica, che veniva operata dai Provveditorati avendo come criterio e parametro la corretta gestione degli organici (improntata alla logica del contenimento della spesa); oggi si deve parlare piuttosto di programmazione territoriale della rete scolastica (attribuita alle Province) che assume certamente un respiro assai più ampio della razionalizzazione (basti pensare al dimensionamento degli istituti autonomi, ai processi di verticalizzazione, alla scelta di nuovi indirizzi).
Le materie delegate e/o trasferite a Regioni, Province, Comuni possono essere raggruppate in due grandi aree:
- “da un lato, sono elencati aspetti che attengono tutti al governo territoriale dell’offerta di istruzione e formazione. Si parla esplicitamente di “programmazione territoriale” da realizzarsi attraverso l’individuazione di ambiti territoriali funzionali entro i quali fare positivamente interagire le politiche dell’istruzione e della formazione con le altre;
- politiche di sviluppo dei territori. Si parla di programmazione dell’integrazione tra sistema e formazione (materia del tutto nuova), perorando una logica di utilizzo sistemico di tutte le risorse formative. Sempre all’interno di questa tipologia possono essere ricomprese le attribuzioni a Province e Comuni contenute nel comma I dell’art. 139: l’apertura, fusione, il dimensionamento di scuole; il piano di utilizzazione del patrimonio edilizio; e così via;
- dall’altro, il comma 2 dell’art. 139 elenca una serie di interventi su aspetti decisamente qualitativi, tutti a supporto dell’autonomia scolastica e del suo sviluppo: si va dall’orientamento scolastico e professionale ad azioni per il successo formativo, dagli interventi volti a rendere efficaci i rapporti in orizzontale e verticale tra ordini e gradi di scuole all’educazione degli adulti, ecc.” (G. Franchi).



L’autonomia delle scuole

Ma oggi, pur muovendoci ancora faticosamente all’interno del d.Lvo 1 12/98 siamo già alle prese con l’attuazione della nuova Costituzione varata nell’ottobre 2001.
Vediamone i contenuti più innovativi.
Le competenze in materia di istruzione, tradizionalmente attribuite allo Stato (anche nella sintetica declaratoria contenuta nella legge 59/97), vengono radicalmente ridotte alle sole “norme generali”, mentre il tema “istruzione” entra nell’agenda della legislazione “concorrente” di ogni Regione. La nuova Costituzione è assai esplicita: la legislazione “concorrente” implica un diritto di iniziativa legislativa della Regione, che non potrà però invadere la sfera dei “principi fondamentali” (riservati alla potestà dello Stato) e dovrà comunque salvaguardare l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche.
Quest’ultimo passaggio è di estremo interesse perché “costituzionalizza” le autonomie scolastiche, dando ad esse — seppur indirettamente — una tutela costituzionale. L’autonomia scolastica è stata concepita, infatti, per promuovere l’iniziativa di ricerca e di sviluppo di ogni scuola, in modo da favorire una capacità continua di regolazione e miglioramento della propria offerta formativa, per meglio adattarla alle esigenze degli allievi e del contesto socio-culturale. E’ il riconoscimento di un modello naturalmente sperimentale, cioè un invito permanente alle scuole ad innovare facendo leva sulle proprie energie interne. Tra gli oggetti di questa autonomia di sperimentazione (art 6 del Dpr 275/99) vengono compresi: la progettazione e valutazione formativa, la formazione del personale, l'innovazione metodologica e didattica, le nuove tecnologie e la documentazione, nonché “l’integrazione fra le diverse articolazioni del sistema scolastico e, d’intesa con i soggetti istituzionali competenti, fra i diversi sistemi formativi, ivi compresa la formazione professionale”.
Nel vigente Regolamento dell’autonomia (Dpr 275/99, all’art. 8) sono previsti i criteri che presiedono al consolidamento e allo sviluppo dell’autonomia della scuola, affinché non si trasformi in un “fai da te” marginale e improduttivo. E’ necessario definire gli obiettivi generali e specifici di apprendimento, le discipline fondamentali ed il relativo monte ore, la quota di flessibilità “locale”, gli standard di qualità del servizio, i criteri di valutazione degli allievi.
Questi punti richiedono di essere normati a livello nazionale. Un’ulteriore delega su queste (e altre) materie è contenuta all’interno del disegno di legge n. 1306/02 di riforma degli ordinamenti.

I nuovi spazi normativi

Si tratta ora di raccordare questi atti di carattere nazionale e di interesse generale con le nuove potestà in termini di legislazione “concorrente” che sono conferiti alle Regioni.
Ogni Regione, alla luce del Titolo V della Costituzione, ha l’opportunità di elaborare nuove leggi ordinarie sull’istruzione, anche con l’obiettivo di precisare e approfondire determinati aspetti della legislazione nazionale e di cogliere domande ed esigenze del contesto territoriale, sociale, economico e produttivo della Regione. In materia scolastica, le leggi regionali non potranno contraddire i principi generali che stanno alla base del quadro ordinamentale nazionale, ma il confine tra norme generali (attribuite allo Stato) e norme "locali" (attribuite alle Regioni) è assai labile, in continua evoluzione, soggetto a diverse interpretazioni.
Ad esempio, in materia di istruzione professionale la “competenza regionale” sarebbe “esclusiva”, ma è opportuna una cornice nazionale che valga a dare consistenza a questo canale formativo, con standard nazionali, regole per la certificazione, il riconoscimento dei crediti, la spendibilità dei titoli, ecc.

La nuova stagione del federalismo va allora accompagnata con alcune prime prove di fattibilità (attraverso protocolli che sono atti che scaturiscono da un reciproco accordo tra soggetti istituzionali diversi). La legislazione regionale “concorrente” avrà necessità di un periodo di rodaggio che può avvalersi di esperienze pilota condotte nelle Regioni. Anche la riforma generale della scuola, attualmente in discussione in Parlamento, avrà bisogno di un banco di prova che consenta di saggiarne la tenuta. La stessa attuazione, demandata a numerosi decreti applicativi, richiede studi dì fattibilità nel dettaglio che non possono non scaturire da un rapporto concreto e diretto con le diverse realtà scolastiche impegnate in progetti di innovazione. Le aree su cui sviluppare gli interventi integrati a livello territoriale dovranno considerare:

a) Le dinamiche dell’offerta formativa territoriale, la rilevazione dei bisogni, la possibilità di articolare e programmare insediamenti, indirizzi, strutture;
b) Lo sviluppo ed il consolidamento di un sistema di tutela e protezione del diritto allo studio, con particolare riferimento ai ceti socialmente più deboli, alle persone in difficoltà (handicappati, immigrati), alle fasce più a rischio (infanzia, adolescenza, ecc.); una moderna concezione del diritto allo studio sarà rivolta a qualificare servizi e standard di erogazione;
c) La necessità di garantire l’integrazione tra le diverse filiere formative (istruzione, formazione professionale, apprendistato) al fine di evitare fenomeni di dispersione ed una precoce differenziazione dei percorsi di studio e quindi di vita;
d) La promozione di reti per la cooperazione tra le diverse istituzioni formative, servizi di supporto, sinergie tra strutture pubbliche (da potenziare) e private (da accreditare), intenso legame con il territorio nelle sue articolazioni istituzionali e nelle sue valenze educative.

Le principali normative di riferimento

- Legge 21 dicembre 1978, n. 845: Legge quadro in materia di Formazione Professionale
- Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297: Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione

- Legge 15 marzo 1997, n. 59: Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa, art. 21

- Protocollo d’intesa 13 giugno 1997: Sperimentazione di un sistema di governo a livello regionale e locale per il coordinamento per le politiche per l’istruzione e per la formazione, nonché di un nuovo sistema integrato di istruzione scolastica, postsecondaria, di formazione professionale al lavoro e sul lavoro fondato sull’autonomia degli istituti scolastici e su uno stretto rapporto con il territorio ed il lavoro

- Legge 24 giugno 1997, n. 196: Norme in materia di promozione dell’occupazione
- Legge 18 dicembre 1997, n. 440: Istituzione del fondo per l’arricchimento e ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi
- Legge 28 agosto 1997, n. 285: Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l’adolescenza.

- Decreto legislativo 31.03.1998, n. 112: Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59: art.135-147

- D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233: Regolamento recante norme sul dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti

- D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249: Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria.

- D. M. 24 luglio 1998, n. 331: Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della scuola

- Legge 20 gennaio 1999, n. 9: Disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo di istruzione

- D.M. 9 agosto 1999, n. 323: Regolamento per l’attuazione dell’art. I della legge 20 gennaio 1998

- D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275: Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche

- CCNL 26 maggio 1999, art. 28

- Contratto integrativo 31 agosto 1999, art. 37. Funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa

- LR. 21 aprile 1999, n. 3: Riforma del sistema regionale locale: Capo III, Istruzione e formazione professionale, artt. 196-205

- Legge 17 maggio 1999, n. 144: Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali

- D.P.R. 12 luglio 2000, n. 257: Regolamento di attuazione dell’ai’t. 68 della legge 17maggio 1999 n. 144, concernente l’obbligo di frequenza di attività formative fino al diciottesimo anno di età

- D. Ministero P.l. 31 ottobre 2000, n.436: Regolamento di attuazione dell’art 69 della legge 144/1999, concernente l’istruzione e la formazione tecnica superiore (IFTS)

- Legge 10 febbraio 2000, n. 30: Legge quadro in materia di riordino dei cicli dell’istruzione

- Legge 10 marzo 2000, n. 62: Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione

- Legge 8 novembre 2000, n. 328: Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali: artt. 14, 18, 19

- Circolare 24 novembre 2000, n. 4210/ESC/10: Linee guida per l’attuazione dell’obbligo formativo

- Accordo 8 maggio 2001 tra la Regione Emilia-Romagna, l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia-Romagna, le Province e i Comuni dell’Emilia-Romagna per il coordinamento ed il governo integrato dell’istruzione, della formazione professionale e della transizione al lavoro in Emilia-Romagna

- L.R. 8 agosto 2001, n. 26: Diritto allo studio ed all’apprendimento per tutta la vita e qualificazione del sistema formativo integrato

- Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: Riforma del titolo V° della Costituzione:
vd. modifiche agli artt. 117, 11

- Decreto del Ministero del Lavoro 31 maggio 2002: Disposizioni in materia di certificazione nel sistema di formazione professionale

- Convenzione 16 luglio 2002 tra la Provincia di Ravenna e i Comuni della Provincia dì Ravenna per la gestione coordinata delle funzioni e delle competenze in materia di istruzione e formazione professionale.

- in data 15.04.2003 è stato sottoscritto a Ravenna tra la Provincia di Ravenna, l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia-Romagna, i Comuni della Provincia di Ravenna, le Istituzioni Scolastiche statali e paritarie della Provincia di Ravenna l’ “Accordo di Programma per il coordinamento ed il governo integrato dell’ istruzione, della formazione professionale e della transizione al lavoro nella Provincia di Ravenna”.

- in data 02.0.4.03 è stata pubblicata in G.U. la Legge 28 marzo 2003, n. 53 “Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”.

- In data 25.03.03 è stato pubblicato sul B.U.R. Emilia Romagna il Progetto di Legge Reg. E.R. ogg. n. 4311: Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento e la qualificazione dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro”.

 

 

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