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SINTESI DEI LAVORI E
PROPOSTE DI SVILUPPO

Sala del Consiglio Comunale
“E. De Giovanni”
Residenza Municipale - Piazza del Popolo, 31 |
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PROGRAMMA
Venerdì 16 maggio
ore 15.30
Registrazione dei partecipanti
ore 15.45
Saluto del Sindaco di Faenza Claudio Casadio e apertura dei lavori
Presiede Emma Ponzi, Sindaco di Riolo Terme
ore 16.00
Le idee in movimento: scenari del cambiamento
del sistema educativo
Interventi:
Donatella Callegari,
Assessore Istruzione Comune di Faenza
Lucrezia Stellacci,
Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale Emilia - Romagna
Cristina Bertelli,
Responsabile servizio politiche per l'istruzione e per l'integrazione
dei sistemi formativi Regione Emilia - Romagna
ore 17.00
I contenuti e i problemi
Interventi:
Giovanni Mazzotti,
Responsabile area progettazione e formazione quadri EnAIP Emilia
- Romagna: "L'ecosistema formativo, l'integrazione delle risorse
e l'innovazione. La competitività del territorio"
Guido Sarchielli,
Professore ordinario di Psicologia del Lavoro Università
di Bologna: "Soggetti, regole e pratiche per la qualità
della formazione"
ore 18.00
Spazio aperto per il confronto. Interventi e dibattito.
ore 19.00
Chiusura dei lavori.
Sabato 17 maggio
ore 8.45
Registrazione dei partecipanti
ore 9.00
Apertura dei lavori
Presiede Donatella Callegari, Assessore Istruzione Comune di Faenza
ore 9.15
Strategie e strumenti per valorizzare
e migliorare il sistema formativo locale
Intervento introduttivo:
Giancarlo Cerini,
Dirigente tecnico Ufficio Scolastico Regionale Emilia - Romagna
ore 9.45
Spazio aperto per il confronto. Interventi e dibattito.
ore 11,00
Formazione, innovazione e conoscenza:
testimoni a confronto
Tavola rotonda condotta da Everardo Minardi, Professore ordinario
di Sociologia Università di Teramo.
Partecipano:
Nadia Simoni,
Assessore Istruzione Provincia di Ravenna
Massimo Bucci,
Presidente Confindustria Emilia - Romagna
Gabriele Falciasecca,
Presidente ASTER Scienza Tecnologia Impresa
ore 12.00
Conclusioni a cura di Claudio Casadio, Sindaco di Faenza: "Dalla
Conferenza al Patto educativo per il territorio"
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LE IDEE IN MOVIMENTO:
SCENARI DEL CAMBIAMENTO NEL SISTEMA EDUCATIVO LOCALE
LE NUOVE SFIDE: CONIUGARE SOLIDARIETÀ
ED ECCELLENZA
Questa è un’occasione alta di confronto
e condivisione. Il documento elaborato dal gruppo di lavoro sottolinea
la metodologia del confronto, è importantissimo vivere situazioni
concrete come questa per sentirsi protagonisti e avere opportunità
democratiche di partecipazione.
Condivido la necessità di partecipare al benessere e del
recupero di un lessico pedagogico e non imprenditoriale per la scuola.
Quest’ultima però non deve smarrire il suo fine: quello
di essere mediatrice di cultura, per questo saprà guardare
al futuro senza dimenticare il suo passato. Sapere e coscienza saranno
orientati al benessere personale e comunitario, per la crescita
cognitiva della persona. Va evitata la mortificazione del pensiero
creativo degli individui: non si possono omologare tutti a un percorso
in funzione di un ruolo prestabilito nel mondo lavorativo. Ogni
disegno pedagogico designa un’autonomia, le giovani generazioni
vanno stimolate alla ricerca, per lo sviluppo etico e civile del
territorio. La scuola, tuttavia, non è in grado di gestire
ogni modalità di conoscenza, non può garantire un
accesso a tutto ciò che è conoscibile. È suo
compito, invece, favorirlo. Il sistema imprenditoriale oggi richiede
agilità cognitiva, intesa come possibilità autonoma
di ridefinire il proprio percorso.
Le scuole del nostro territorio sembrano più in tenuta rispetto
ad altre: c’è un tasso di dispersione più basso
rispetto alla media regionale, un numero di laureati più
alto, una migliore integrazione e distribuzione degli studenti certificati;
le scuole hanno saputo rispondere bene all’innalzamento dell’obbligo
scolastico: il quadro locale è globalmente positivo, ma servono
sempre un impegno e un supporto alle autonomie scolastiche.
L’Accordo del maggio 2001 è stato il primo atto nella
definizione di intenti co-partecipativi, seguito dal recente Accordo
di programma provinciale (Ravenna) per attuare il nuovo titolo V
della Costituzione. Le scuole autonome oggi hanno responsabilità
che un tempo spettavano ai Comuni. Il territorio regionale ha una
forte tradizione nella valorizzazione delle sue scuole e Lucrezia
Stellacci (Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico) ha
interpretato questo aspetto, sottolineando che la sfida è
quella di coniugare solidarietà ed eccellenza, secondo la
tradizione della nostra Regione, basandosi su questi principi:
• responsabilità (coerenza tra i bisogni espressi e
le risposte offerte);
• integrazione (patti tra istituzioni ed enti);
• programmazione (realizzazione di servizi basata su orientamenti
programmatici);
• partecipazione (condivisione tra operatori e utenti);
• imparzialità; trasparenza (etica del render conto);
• controllo (per il perseguimento della qualità).
Queste volontà sono ben espresse nel documento
preparatorio, ora bisogna affrontare le sfide che si presentano
e come territorio abbiamo le capacità per farlo.
Silvia Ghetti
Ufficio Scolastico Regionale Emilia Romagna

IL RUOLO DELLA REGIONE E DEGLI ENTI LOCALI
PER LA QUALITÀ DELL’OFFERTA FORMATIVA
La Regione ha predisposto un progetto di legge Legge
Regionale n. 12 del 30 giugno 2003), approvato in marzo dalla
Giunta regionale, che dal punto di vista metodologico e temporale
risulta parallelo al percorso della Conferenza di Faenza. Ora è
all’esame della commissione consiliare, poi arriverà
al Consiglio Regionale.
Gli spunti precedenti richiamano la comunanza tra i due percorsi:
ragionare come territorio è un’idea cardine per esprimere
insieme risorse e potenzialità e per offrire un’offerta
formativa orientata allo sviluppo. Anche il collegamento tra saperi,
sviluppo locale e qualità fa parte di questo circolo virtuoso
che va alimentato attivamente. Sono importanti anche i riferimenti
fatti alla dispersione: il dato regionale è migliore della
media, ma questo non ci consola, è sempre troppo pesante
e non solo per le risorse disperse. È un dato pesante in
sé, perché ogni percorso formativo non concluso rappresenta
un futuro difficile per una persona. Oggi chi resta indietro ha
difficoltà più forti che in passato. Vogliamo ridurre
progressivamente la dispersione ed elevare tutto il livello del
sapere per accompagnare tutti al successo formativo. Ciò
non significa buonismo nelle valutazioni, ma piuttosto dare opportunità
a tutti i ragazzi di concludere il percorso formativo secondo il
loro modo di essere e le loro aspettative. Lo slogan del progetto
di legge è infatti: “Non uno di meno”.
I principi della legge si collegano a questa Conferenza e comprendono
la concertazione con le parti sociali, la partecipazione più
ampia della società civile, il confronto con gli studenti
e il raccordo con docenti e famiglie. Le azioni messe in campo,
in particolare, sono:
• l’autonomia delle istituzioni scolastiche (dal 2001);
la legge Moratti trasferisce dallo Stato alle Regioni una quota
del piano di studio. La Regione Emilia Romagna trasferirà
a sua volta questa quota per intero alle istituzioni scolastiche,
perché come Regione non vogliamo esercitare poteri che sono
geneticamente propri del sistema dell’istruzione;
• il sostegno alla costruzione e realizzazione dei POF, attraverso
contributi di arricchimento curricolare (integrazione con handicap
e stranieri, diffusione della cultura europea nelle scuole);
• la formazione dei docenti (un intervento preciso e specifico
sulla “qualità delle risorse umane”); c’è
un impegno chiaro a sostenere finanziariamente l’aggiornamento,
escludendo la formazione degli insegnanti in accesso, che rimane
a carico dello Stato.
Nel progetto di legge sono previsti accordi territoriali
come questo di Faenza. A tale proposito mi sembra significativo
il titolo dell’intervento conclusivo di domani: “Dalla
Conferenza al Patto educativo per il territorio”. La Conferenza
ha avuto un percorso preparatorio proficuo, il Patto potrà
essere una traccia programmatica coerente col progetto di legge
regionale.
Cristina Bertelli
Responsabile servizio politiche per l’istruzione e per l’integrazione
dei sistemi formativi Regione Emilia Romagna
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I CONTENUTI E I PROBLEMI
L’ECOSISTEMA FORMATIVO, L’INTEGRAZIONE
DELLE RISORSE
E L’INNOVAZIONE.
LA COMPETITIVITÀ DEL
TERRITORIO
Oggi presentiamo il lavoro di quattro “esperti”, dell’Amministrazione
Comunale e di un primo confronto con dirigenti scolastici, insegnanti,
rappresentanti delle forze sociali. Per contrastare le tendenze
che rischiano di ostacolare il conseguimento delle finalità
socialmente condivise attribuite ai processi scolastici ed extrascolastici
abbiamo recuperato la categoria di:
1. ECOSISTEMA FORMATIVO inteso come
sistema autoregolato in cui i diversi attori sociali si assumono
responsabilità reciproche circa programmi di azioni condivise
per la crescita dei diritti di cittadinanza e di professionalità
delle persone.
Per favorire la crescita della persona occorre cercare un paradigma
unificante, che diventa anche obiettivo dei convergenti lavori educativi.
Un paradigma che sia rispettoso delle differenze e che dia a tutti
pari opportunità di successo: quello della competenza (l’intreccio
di emozioni, cognizioni, abilità è capacità
nelle varie fasi evolutive).
La competenza è patrimonio personale accumulato socialmente.
È DIRITTO SOGGETTIVO: va quindi valorizzata anche quando
sembra che la potenzialità in certi casi sia minima, addirittura
nulla. Deve essere riconosciuta come valore etico; perché
è legata alla persona e alla sua storia.
Dal lavoro ci viene un grande insegnamento educativo. Esso non è
solo, quindi, il luogo d’esercizio della competenza, ma un
ulteriore luogo che ci indica il processo di acquisizione.
Per ottenere un risultato di valore occorre un’idea, che deve
essere trasformata in un progetto con l’individuazione di
obiettivi reali, adottando un metodo, un’organizzazione, avendo
chiari vincoli e risorse disponibili, essere centrati sulla qualità
e quindi essere pronti alla valutazione e al miglioramento.
La competenza è sempre prodotto di integrazione e può
compiersi solo nell’inter-azione e nel divenire (cum-petere:
cercare insieme). Ma il concetto di competenza è strettamente
legato anche a quello di individualità. Ci può insegnare
a riconoscere i vincoli e le possibilità che intervengono
nello sviluppo della progettualità individuale. Non può
essere slegato, infine, da un punto di vista istituzionale ed organizzativo,
perché ci aiuta a riconoscere la dimensione di influenza
presente tra la globalità e l’individualità,
il valore della storia, la singolarità delle persone. Le
competenze non sono trasferibili proprio perché ciò
che le caratterizza è il locale, connotato specificatamente
all’interno della situazione in cui si evolve. Quello che
si va scoprendo è come sia possibile teorizzare e ricondurre
a valore ciò che si configura come unico. Ma il percorso
verso la prospettiva della singolarità passa per il riconoscimento.
Emerge la necessità di sostenere e valorizzare la capacità
delle persone e di muoversi all’interno della propria realtà
compatibilmente con le situazioni prescritte. Solo a questo punto
la competenza diventa un patrimonio visibile, perché qualcuno
la vista l’ha considerata l’ha restituita e l’ha
concordata: è diventata cioè una risorsa.
2. L’INTEGRAZIONE DELLE RISORSE
E L’INNOVAZIONE
Quali risorse servono? Quali abbiamo già a disposizione per
produrre innovazione?
1. Il “volerci bene”: rispettarci
e di rispettare, riconoscere se stessi e gli altri (gli allievi,
i colleghi, le forze sociali, le istituzioni) come un valore, una
risorsa, pur nel confronto dialettico, ma mai unilaterale, presuntuoso
e arrogante, ognuno come soggetto singolo o collettivo deve far
fruttare i talenti a disposizione.
2. La curiosità per l’informazione:
una risorsa non è tale se non è conosciuta. Ci sono
sportelli, servizi, internet, ma l’informazione deve essere
semplice e quindi fruibile dal maggior numero di persone.
Un sistema educativo/formativo è centrato sulla competenza
dei soggetti se mobilita le risorse nel rispetto di diversità
e disuguaglianza; l’innovazione può avvenire solo se
si adotta un approccio nuovo all’altro, alla persona: se non
lo si considera solo utente, consumatore, ma soggetto.
3. COMPETITIVITA’ DEL TERRITORIO
La competitività, in cui crediamo, è quella che anche
l’etimo ci indica: dirigersi insieme, aprirsi, scendere in
campo, vincere delle sfide.
La competitività del territorio è determinata dal
suo obiettivo, dalle sue regole, dalle sue modalità.
L’OBIETTIVO:
tutti i soggetti, nella loro autonomia e con il loro apporto originale,
concorrono per creare le condizioni affinché tutti (specie
chi è meno dotato) trovino il loro percorso di vita, siano
accettati come valore, possano esercitare i loro diritti e il loro
potere.
LE REGOLE:
Concertare le regole rispetto al fine: valorizzazione degli apporti
specifici, accessibilità dei luoghi formativi, distribuzione
dei servizi scolastici e delle informazioni, riduzione degli sprechi,
aumento delle risorse.
LE MODALITA’:
Per rendere competitivo il territorio bisogna renderlo competente.
Il quadro istituzionale è stato localmente già fissato
nell’accordo di programma sottoscritto dall’amministrazione
provinciale, dall’Ufficio Scolastico Regionale, dai Comuni
della Provincia e dalle istituzioni scolastiche e paritarie.
Giovanni Mazzotti
Responsabile area progettazione e formazione quadri ENAIP Emilia
Romagna

SOGGETTI, REGOLE E PRATICHE
PER LA QUALITÀ DELLA FORMAZIONE
Tutti siamo d’accordo sul fatto che va migliorato
il sistema formativo. Nelle situazioni di cambiamento come questa
bisogna cogliere gli appigli cui attaccarsi per non restare senza
rotta. Oltre ai richiami alle grandi finalità bisogna ricordare
che parliamo sempre di persone; credo sia importante capire che
se si vuole lavorare in questa direzione si deve trovare una strategia
per vedere se diamo un significato condiviso alle parole. Dire che
esistono patti è utile, ma non bastano definizioni giuridiche
e accordi istituzionali, ci vuole un coinvolgimento personale e
un’assunzione di responsabilità. Bisogna partire dal
mantenere vivo uno spazio di riflessione, una agorà in cui
esprimersi e rafforzare le decisioni micro. C’è l’idea
che sia possibile sviluppare la competenza dal punto di vista del
territorio. Bisogna considerare luci e ombre: le pratiche del territorio,
la sua memoria sociale e la partecipazione non devono essere solo
formali, ma anche informali. È importante e necessario, per
progettare dal punto di vista territoriale, tener conto delle forze
reali, che non sempre sono considerate. Non basta parlare della
persona in astratto, bisogna identificare i parametri dello sviluppo
personale senza strumentalismo. Le reinterpretazione dei gruppi
sociali implica tener conto delle aspettative delle persone. Bisogna
recuperare i diritti di base, il valore della cittadinanza. La reinterpretazione
sul piano sociale e territoriale richiede comprensione della libertà
di produrre livelli elevati di formazione, senza limitarsi alla
produzione di profili ad hoc per le imprese.
Vi sono due scenari per il miglioramento qualitativo della formazione:
quello nazionale e internazionale (gran parte di ciò che
succede nei contesti della formazione oggi riguarda questo ambito)
e quello della famiglia (siamo in una fase di progressiva individualizzazione,
occorrono sostegni mirati alla famiglia). Il disagio psicologico
è una fenomenologia nuova, che richiede azioni precise: bisogna
intervenire sui problemi e non creare in astratto architetture perfette.
Bisogna introdurre direttamente nei contenuti azioni legate all’identità
personale e cittadina. Il dato che caratterizza i giovani è
la fragilità.
Il welfare è cambiato profondamente nell’ultimo decennio
ed è aumentata la vulnerabilità sociale, in termini
di sofferenza latente e di disagio esplicito (vi sono nuove forme
di bisogno sociale). È aumentata enormemente l’indecisione
nell’orientamento, perciò è importante personalizzare
i percorsi educativi e promuovere una didattica di tipo tutoriale.
Qual è oggi il mandato sociale del sistema? È importante
la condivisione, il sostegno alle categorie più deboli, riconoscere
diritti e doveri di cittadinanza.
Per concludere vorrei richiamare alcune parole chiave emerse nei
focus e nelle interviste:
• relativamente all’ecosistema nel suo complesso: territorio
e mappa dell’offerta formativa; importanza dell’identità;
risorse aggiuntive; legame coi giacimenti culturali presenti sul
territorio; co-evoluzione e co-progettazione; obiettivi del sistema;
mezzi per arrivare alla condivisione; comunicazione e immagine del
sistema; trasparenza; supporti organizzativi; supporti di regolazione
(Tavolo);
• relativamente alla scuola: spazi e strutture; supporti metodologico-didattici
per affrontare il disagio; orientamento e sostegno psicologico;
professionalizzazione degli operatori; valutazione (render conto).
Bisogna potenziare lo sviluppo, confrontandosi però con le
possibilità effettive.
Guido Sarchielli
Professore ordinario di Psicologia del Lavoro, Università
di Bologna

STRATEGIE E STRUMENTI PER VALORIZZARE
E MIGLIORARE IL SISTEMA EDUCATIVO LOCALE
La Conferenza rappresenta un impegno politico e culturale di alto
valore per il territorio e può stimolare una progettualità
di ampio respiro; proprio per questo non si è soffermata
sull’attualità ma ha guardato anche al futuro. In questi
mesi abbiamo colto una “scuola in affanno”, che si interroga
sulle difficoltà quotidiane e vede il rischio di un affievolimento
della proprio ruolo “pubblico”. La scuola è un
“luogo” che costa, ma pensare a una sua scomparsa ci
inquieta. La società sarebbe molto più “povera”
e “incivile” senza una buona scuola.
Ma che cos’è una “buona” scuola ?
L’OCSE afferma che la scuola deve riaffermare una propria
specifica funzione, specializzandosi verso due prospettive:
- la qualità delle relazioni sociali da promuovere a scuola
(quindi, la riscoperta di una vocazione etico-sociale, di integrazione)
e
- la dimensione della competenza e della capacità critica
da stimolare nei ragazzi.
Solo realizzando questi obiettivi si può legittimare la richiesta
di una centralità della scuola e della formazione nelle scelte
politiche e finanziarie di un paese (e di una città).
Investire sulla formazione e preparare risorse umane significa,
infatti, contribuire allo sviluppo del territorio e alla produttività
del sistema, ma contemporaneamente garantire livelli alti di qualità
della vita a tutti i cittadini. Dunque, la scuola non è solo
un costo da contenere o una spesa da ridurre.
Leggendo i dati su Faenza risalta l’integrazione degli stranieri;
inserire (e rispettare) i bambini di altre culture nel sistema formativo
favorisce anche l’integrazione degli adulti migranti; tutto
questo non può che migliorare la qualità “sociale”
di un territorio.
Occorre costruire una rete ampia di soggetti (pubblici e privati,
istituzionali e non), capaci di cooperare per incrementare l’investimento
sul sistema formativo: è questo che la scuola si aspetta,
non le riforme di ingegneria calate dall’alto; queste ultime
verranno inevitabilmente attuate come un adempimento formale, un
atto dovuto che non smuove partecipazione e passioni. Invece, abbiamo
bisogno di un’innovazione e di uno sviluppo di tipo corale.
La chiave del successo formativo è la sinergia con le altre
forze sociali. Il nostro sistema è basato sull’accoglienza
e sulla capacità di inclusione. Abbiamo una vocazione di
attenzione al disagio, ai più deboli.
In Emilia Romagna abbiamo tradizioni civiche virtuose, un contesto
territoriale e sociale favorevole. Con il nuovo titolo V della Costituzione
(legislazione concorrente delle regioni sull’istruzione) si
apre una possibilità di iniziativa legislativa che può
rispondere in maniera efficace alla domanda dei cittadini.
Siamo già ai primi posti nella capacità di spesa degli
Enti locali per l’istruzione Un terzo delle nostre scuole
ha rapporti con partner europei, abbiamo 24.000 personal computer
nelle nostre scuole (1 ogni 8 studenti).
I risultati nell’apprendimento vedono sempre i nostri ragazzi
sopra la media. Questa è la nostra storia e l’innovazione
deve interpretarne gli aspetti migliori. Certamente ci sono anche
segnali di difficoltà, come la fragilità del tessuto
produttivo rispetto a livelli di competizione più alti e
l’incertezza per gli scenari futuri: nuove domande di qualità
che richiedono risposte di alto livello e nuove professionalità.
A Faenza operano oltre 1000 insegnanti, ma spesso non vengono ascoltati.
Ci vorrebbe, per loro, un ascolto permanente, quindi l’idea
di costituire un Tavolo di confronto è un’occasione
da non perdere. Occorre mettere in relazione, condividere, ascoltarsi.
Una delle idee migliori emerse dai focus è quella di istituire
un laboratorio permanente per la ricerca e lo sviluppo del sistema
formativo.
Il rischio dell’autonomia è quello di creare un’arena
(ove i diversi soggetti si trovano in perenne competizione), noi
invece vogliamo un’agorà (un luogo di incontro) dove
ci sia il gusto dell’autogoverno e della intraprendenza solidale.
Nel nostro territorio ci sono le condizioni per realizzarla.
Non si tratta solo di raccogliere realisticamente i bisogni delle
imprese: investire sulla formazione (e quindi su intelligenza e
competenza) serve a competere, ma anche a migliorare il sistema
sociale nel suo complesso. Oggi i territori competono non solo per
le imprese che ospitano, ma grazie alla loro rete di istituzioni
(politiche, sociali, culturali, formative). Un territorio è
un ecosistema, all’interno del quale occorre far sentire di
più il “peso” della scuola.
Vi sono proposte molto concrete per questo territorio riguardo alla
concertazione. Si potrebbe sperimentare un consiglio scolastico
locale, o un distretto educativo per mostrare le opportunità
culturali del territorio; si potrebbe irrobustire la dimensione
tecnico-professionale con uno sviluppo di opportunità formative
verso l’alto. La convinzione che ci siano delle virtù
nel nostro territorio invita il sistema formativo a costruire alleanze,
nell’ottica della rete sociale. Si può e si deve partire
dalle vocazioni del territorio per affrontare con coraggio le sfide
del futuro, non limitandosi alla semplice difesa dello status quo.
Giancarlo Cerini,
Dirigente tecnico Ufficio Scolastico Regionale Emilia Romagna
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FORMAZIONE,
INNOVAZIONE E CONOSCENZA:
TESTIMONI A CONFRONTO

Everardo Minardi,
PROFESSORE ORDINARIO DI SOCIOLOGIA, UNIVERSITÀ DI TERAMO
Voglio condensare il mio intervento in una frase detta
ieri da un collega: “per rendere competitivo un territorio
bisogna renderlo competente”. Le giovani generazioni possono
diventare protagoniste dell’autoimprenditorialità,
e questo significherebbe rendere il territorio competente nei suoi
soggetti.
Dobbiamo chiederci come sia possibile acquisire e migliorare le
competenze stesse.
Qual è il ruolo degli enti locali – oggi qui rappresentati
da Nadia Simoni – in questo processo, quale tipo di regia
e di integrazione possono garantire?
L’Accordo di programma recentemente siglato da tutti i Sindaci
è un fatto di grande importanza in questo senso.
Nella tavola rotonda di oggi interverrà poi Massimo Bucci,
che ospitiamo come presidente di Confindustria Emilia Romagna, quindi
il professor Gabriele Falciasecca, che è professore ordinario
alla facoltà di ingegneria e presidente di Aster, l’agenzia
che la Regione ha voluto per sostenere l’innovazione.
Con questi elementi introduttivi chiedo a Nadia Simoni di illustrarci
il ruolo della Provincia nel sostegno alla qualità dei nostri
sistemi formativi.
Nadia Simoni,
ASSESSORE ISTRUZIONE PROVINCIA DI RAVENNA
Credo che sia fondamentale lo spirito dell’ascolto:
le trasformazioni in atto lo richiedono, individuando punti di forza
e criticità ed entrando nel merito degli effetti della Riforma
della legge 53. Siamo in una realtà che ci prospetta buone
condizioni di lavoro. Viviamo in un sistema complesso, la concertazione
va sempre aggiornata rispetto agli obiettivi. Come Provincia siamo
partiti con le competenze che ci sono state assegnate.
Dobbiamo aver chiari ruoli e finalità, solo così le
autonomie possono diventare valori e non confini. Scuola ed enti
locali si pensano dentro un sistema. Questi ultimi devono promuovere
sinergie e condivisione delle strategie. Le istituzioni assumono
senso nell’agire facendo sì che il sistema produca
opportunità. Il primo obiettivo quindi è sempre promuovere
la qualità del sistema formativo, dando la priorità
all’integrazione tra gli attori. Il territorio è la
sede in cui tale integrazione si realizza. Il tema della conoscenza
diventa elemento vincente di competizione. La legge Bastico individua
le strategie attraverso le quali questa Regione può qualificare
i sistemi. Il lavoro di condivisione che abbiamo fatto con la stesura
dell’Accordo è una buona base di partenza per il futuro.
I patti con le imprese non bastano, dobbiamo mettere al centro del
sistema il lavoro comune che ci mette nella condizione di concorrere.
Oggi il termine professionalità ha un significato più
ampio, anche le imprese devono mettere in campo le loro eccellenze
per definirlo. Se la scommessa sono lo sviluppo e l’innovazione
del nostro sistema dobbiamo avere un quadro di riferimento complessivo.
Lavoreremo sull’Accordo per mettere in valore ciò che
c’è e crescere insieme al sistema degli enti locali.
Massimo Bucci,
PRESIDENTE CONFINDUSTRIA EMILIA ROMAGNA
Il soggetto prioritario nel processo di innovazione
è la ricerca scientifica, la capacità del sistema
produttivo di allacciare rapporti e conoscere ciò che si
sta facendo, conoscere l’evoluzione e trasferire questi spunti
nei processi produttivi. Deve nascere l’integrazione nel territorio,
come imprese dovremo lavorare in modo più stretto col mondo
della scienza. Anche quest’ultima ha bisogno di un rapporto
con le imprese come interlocutori. Vorrei sottolineare che l’innovazione
di un territorio si basa sulla capacità imprenditoriale,
ma questa dev’essere abbinata alla curiosità culturale,
senza la quale una cultura legata alla conoscenza e alla competenza
sarebbe sterile. È dunque la curiosità che deve portare
a cercare di capire cosa succede, oltre a cosa fanno i concorrenti
diretti. Non è sufficiente un’ottima competenza per
avviare un processo innovativo, ci vuole consapevolezza della sua
necessità. Come associazione e federazione del territorio
abbiamo avviato l’esperienza di un Master dedicato ai processi
innovativi, per inserire i ragazzi nelle aziende del territorio.
I programmi sono stati pensati proprio per stimolare la curiosità
culturale. È necessario che la scuola illustri le possibilità
di apprendimento agli studenti, facendo leva su Internet, sulle
lingue straniere, per creare occasioni di conoscenza sul mondo che
ci circonda.
Compito della scuola è accrescere la curiosità intellettuale
dei ragazzi, che la indirizzeranno poi al saper fare. Anche così
un territorio potrà essere competitivo in futuro.
Gabriele Falciasecca,
PRESIDENTE ASTER SCIENZA TECNOLOGIA IMPRESA
Comincio ricordando l’accordo di programma che verrà
siglato il 26 maggio 2003 per il potenziamento della rete a banda
larga, con tecnologie fruibili ovunque, questo grazie alla capacità
di fare sistema delle province romagnole. Ciò sarà
una grossa opportunità per il sistema scolastico di usare
la conoscenza in modo più efficace. La vastità della
conoscenza pone però il problema della valutazione critica
dei contenuti, che spesso vengono presentati in modo omogeneo. Un
processo generale di formazione è importante; come Fondazione
Marconi vorremmo stimolare domande e non solo dare risposte. L’ASTER
è un luogo di incontro per chi fa ricerca e vuole valorizzarne
l’attività. Come numero di ricercatori in Italia siamo
nella media europea, ma ciò che manca è il raccordo
tra i vari mondi. Bisogna stabilire progetti comuni, laboratori
congiunti. La Silicon Valley è un esempio di ecosistema per
l’innovazione, che coniuga competitività e collaborazione
e che porta a sviluppi interessanti. Dovremmo creare anche qui collaborazioni
tra le imprese. Agli operatori della scuola media superiore vorrei
ricordare che i nostri ragazzi hanno poca voglia di fare gli imprenditori,
cosa che invece può essere un ottimo modo di valorizzarsi
come persone. Guglielmo Marconi a 21 anni valorizzava coi suoi esperimenti
prima di tutto la sua personalità. Quando capì di
avere in mano qualcosa di veramente innovativo lanciò il
suo progetto in Inghilterra, dove c’era più interesse
e dove poteva trovare il capital venture (partecipazione di un certo
numero di investitori al suo progetto).
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SCHEDA RIEPILOGATIVA :
OBIETTIVI E PROPOSTE
STRATEGIE
Comunicazione:
- Comunicare meglio le opportunità formative ai ragazzi,
anche potenziando i sondaggi sugli esiti occupazionali.
- Aumentare comunicazione e collaborazione tra università,
scuola, mondo del lavoro ed enti pubblici, scambiando e condividendo
esperienze ed esigenze.
Qualità:
- Aumentare formazione e aggiornamento per gli insegnanti, per rimotivarli
sviluppando la loro professionalità.
- Aumentare la visibilità della scuola pubblica e valorizzare
le sue migliori risorse professionali, attraverso la circolazione
delle idee e della cultura.
- Potenziare l’offerta di formazione permanente.
- Riconoscere maggiormente il protagonismo degli insegnanti.
Partecipazione:
- Dare un ruolo più attivo degli studenti nelle decisioni
e nel dibattito sul sistema formativo locale.
- Favorire la socializzazione linguistica e culturale con l’utenza
di cultura “altra” che è parte del nostro territorio.
Programmazione:
- Proporre più percorsi formativi integrati tra scuola e
mondo del lavoro.
- Stimolare un ruolo “programmatorio” degli enti locali
e un rapporto più attivo tra questi ultimi e il sistema formativo.
Rete:
- Coordinarsi e mettere in rete la scuola pubblica per fronteggiare
l’insuccesso scolastico e sensibilizzare il territorio.
- Migliorare le sinergie territoriali per fornire ai giovani buone
basi professionali e culturali.
- Prevedere figure di supporto psicologico per i ragazzi.
STRUMENTI
- Creazione di un TAVOLO interistituzionale
di concertazione finalizzato al miglioramento degli interessi collettivi
e a un’offerta formativa qualificata per il territorio.
- Istituzione di un DISTRETTO culturale e artistico.
- Attivazione di un LABORATORIO dedicato alla formazione e all’aggiornamento
dei docenti.
- Attivazione di un PORTALE del sistema formativo del territorio.
- Sviluppo e potenziamento del CENTRO SERVIZI E RISORSE.
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